Home Approfondimenti Biblici Studi Biblici Dottrina cattolica e dottrina evangelica a confronto
Dottrina cattolica e dottrina evangelica a confronto PDF Stampa E-mail

 

 

INTRODUZIONE

Quando parliamo con i credenti di fede cattolica, una delle domande che più frequentemente ci viene rivolta è: "Ma quali sono le differenze tra cattolici ed evangelici?". Rispondere con poche parole a questa domanda non è facile: le differenze sono tante, alcune formali, altre sostanziali. Nelle pagine che seguono puoi trovare sviluppati, sia pure in modo molto conciso, alcuni dei temi più controversi.

 

La trattazione di questi argomenti non vuole essere sterile polemica, ma puntualizzazione di temi dottrinali e pratiche religiose, per amore della verità e comunque nel rispetto di chi si trova su posizioni diverse. L'auspicio è che chi legge possa valutare con serenità e senza pregiudizi quanto proposto, per maturare delle convinzioni personali libere da informazione parziale, superficialità e luoghi comuni. Ci auguriamo che per ognuno siano vere le parole dette a proposito dei credenti di Berea: "Or questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perchè ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così" (Atti 17:11).

 

Soggetti trattati:

 

  1. Le fonti della Rivelazione
  2. La salvezza per fede
  3. Il culto di Maria e dei Santi
  4. Il culto delle immagini
  5. Il sacrificio della Messa
  6. Il Purgatorio
  7. Il primato di Pietro
  8. Il sacerdozio universale dei cerdenti
  9. La confessione auricolare

 

 

1. LE FONTI DELLA RIVELAZIONE

 

Dio si rivela all'uomo tramite il Creato e mediante la voce della coscienza (Rom.1:19,20; 2:15). Tuttavia queste fonti ci danno una rivelazione parziale di Dio, per la naturale incapacità umana di conoscere pienamente Dio e per il peccato che ha deteriorato il rapporto tra il Creatore e la creatura. Dio si è rivelato allora tramite i Suoi profeti e, nel modo più completo e definitivo, tramite il Suo Figlio Gesù Cristo, seconda Persona della Trinità (Ebrei 1:1,2). Il contenuto di questa Rivelazione si trova compendiato nella Bibbia, il Libro scritto da uomini di Dio per ispirazione dello Spirito Santo.

 

Sin dai tempi della Riforma Protestante fu adottato il principio "Sola Scriptura", per dire che si riconoscevano come degne di fede solo le affermazioni attestate inequivocabilmente dai libri canonici delle Sacre Scritture. Si rifiutavano così tutti i dogmi sanciti nei vari Concili della Chiesa Cattolica e le pratiche religiose sviluppatesi nel corso dei secoli che non avevano un chiaro riscontro biblico.

 

Le Chiese Evangeliche restano fedeli a questo assoluto rispetto per la Parola di Dio. Crediamo ed accettiamo l'intera Bibbia come l'ispirata Parola di Dio, unica, infallibile ed autorevole regola della nostra fede e della nostra condotta (2 Tim. 3:15-17; 2 Piet. 1:21). Crediamo che la Rivelazione di Dio si sia completata con la venuta di Gesù Cristo e che nessuno possa aggiungere altro a quello che Egli ci ha rivelato. Non riconosciamo infallibilità ad alcuna persona od organizzazione religiosa e non accettiamo dogmi, insegnamenti e pratiche di culto che non siano documentati nella Bibbia, da qualsiasi parte vengano. "Alla Legge! Alla testimonianza! Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui alcuna aurora!" (Isaia 8:20). Queste parole esortano chiaramente il popolo a non seguire gli insegnamenti e le tradizioni umane, ma di porre la propria fiducia nel testo scritto (e perciò non suscettibile di mutamenti) della Parola del Signore. Particolarmente significative appaiono le parole di S. Paolo ai Corinzi: "Imparate a praticare per nostro mezzo il non oltre quel che è scritto" (1 Cor. 4:6).

 

La Chiesa cattolica riconosce il Magistero della Chiesa, cioè il diritto e l'autorità della Chiesa a porsi sullo stesso livello della Rivelazione biblica, definendo ed insegnando dogmi e precetti. Non crediamo che questo sia consentito dall'insegnamento biblico e perciò ribadiamo che l'unica fonte di Rivelazione resta la Sacra Bibbia.

 

 

2. LA SALVEZZA PER FEDE

 

Il tema della salvezza dell'anima e' il piu' importante che ci sia, dipendendo da essa il destino eterno di ogni persona. In Marco 16:15,16 sono riportate le parole di Gesu' ai discepoli: "Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. Chi avra' creduto e sara' stato battezzato sara' salvato; ma chi non avra' creduto sara' condannato". La salvezza dunque e' strettamente connessa all'atto del credere nella predicazione dell'Evangelo. Qual e' il messaggio centrale dell'Evangelo? Lo troviamo mirabilmente sintetizzato in Giovanni 3:16: "Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il Suo Unigenito Figlio, affinche' chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna".

 

Ogni uomo e' peccatore:"Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (Rom. 3:23) e percio' perduto, incapace di giustificarsi e dunque di salvarsi con le sue stesse forze. Gesu' si e' fatto uomo, si e' caricato dei peccati di tutto il genere umano, ha pagato per le colpe dell'intera umanita' morendo sulla croce ed e' diventato cosi' il Redentore, Colui che ha pagato il "prezzo di riscatto" per ogni anima umana. Se un uomo si trova in mano di banditi rapitori e viene pagato un riscatto per la sua liberazione, non c'e' alcun merito da parte sua: altri hanno pagato per lui; non puo' vantarsi di avere fatto alcunche' per avere riacquistato la sua liberta': altri si sono preoccupati per lui. Cosi' e' della salvezza che e' stata ottenuta da Cristo col Suo sacrificio e che si riceve per fede, senza alcun merito personale.

 

Tutto cio' e' chiaramente insegnato nel brano di Efesini 2:8-10: Infatti e' per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e cio' non viene da voi; e' il dono di Dio. Non e' in virtu' di opere, affinche' nessuno se ne vanti; infatti siamo opera Sua, essendo stati creati in Cristo Gesu' per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinche' le pratichiamo". Dunque la salvezza e' per grazia, mediante la fede: grazia e' dono immeritato, come quello che ottiene il condannato colpevole che riceve la grazia dal Capo dello Stato. La grazia e' l'opera di Dio, la fede e' lo strumento che ci consente di far nostro il dono di Dio. Nel brano citato viene chiaramente affermato che la salvezza non si ha per mezzo di opere. Quindi atti di culto, opere pie, elemosine, atti di penitenza e quant'altro l'uomo puo' fare non ci consentono di essere salvati:la slavezza e' dono di Dio, non merito dell'uomo.

 

Le opere buone sono sempre apprezzabili: anche il brano citato ne parla e da esso veniamo esortati a praticare tali opere, cioe' a compierle, ma ci viene chiaramente insegnato che nessuno deve aspettarsi di poter "guadagnarsi" la salvezza con le proprie opere. Le opere buone sono da vedersi come la risposta grata e riconoscente di un cuore salvato e non come il mezzo che possa portare alla salvezza.

 

 

3. IL CULTO DI MARIA E DEI SANTI

 

- Voi non credete in Maria e nei Santi - e' una delle frasi che piu' frequentemente gli evangelici si sentono rivolgere dai cattolici. Vale dunque la pena precisare i termini della questione, in considerazione anche della grande importanza che il culto di Maria e dei Santi ha nella Chiesa cattolica.

 

Crediamo a tutto quello che la Bibbia dice a proposito di Maria, la madre di Gesu', ma respingiamo quello che e' frutto della tradizione o della dogmatica cattolico-romana.

 

La Bibbia, per esempio, attesta che Gesu' fu concepito per virtu' dello Spirito Santo quando ancora Maria era nel suo stato di verginita' e che fino a quando Gesu' nacque, ella non ebbe rapporti coniugali con il marito Giuseppe (Luca 1:30-35; Matt. 1:24,25), ma dice anche chiaramente che ella ebbe altri figli e dunque non ne attesta la perpetua verginita' (Matt. 13:55,56; Giov. 2:12; 7:5; Atti 1:14).

 

Maria aveva una natura esattamente uguale a quella di tutti gli altri esseri umani, dunque non e' stata concepita in un modo particolare, e' vissuta come tutte le altre donne ed ha avuto bisogno anche lei della salvezza, cosa della quale ella fu pienamente cosciente, quando dichiaro': "L'anima mia magnifica il Signore e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore" (Luc. 1:46,47). Non accettiamo dunque il dogma dell'Immacolata Concezione.

 

Non accettiamo neppure il dogma dell'Assunzione, promulgato nel 1950. Secondo questo dogma, Maria sarebbe morta, risuscitata e rapita in cielo con il corpo glorificato. Ma la Bibbia non dice nulla di tutto cio'. Ci dice invece quale sara' l'ordine temporale delle risurrezioni: "...ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla Sua venuta" (1 Cor. 15:23), quindi anche Maria risuscitera' con un corpo glorificato al ritorno del Signore.

 

Non possiamo accettare l'appellativo dato a Maria di Madre di Dio, perche' Dio non e' stato generato da nessuno e Maria ha dato solo la natura umana a Gesu', non quella divina.

 

Il fatto di non accettare tutte queste cose che la Chiesa Cattolica insegna, non significa non apprezzare la figura di questa santa donna: Maria e' un esempio meraviglioso di donna, di moglie, di madre. Il suo ruolo nella storia della redenzione e' stato altissimo ed unico: fu scelta per essere la madre del Salvatore, fu ripiena di grazia dall'Alto e compi' con fedelta' il compito che le fu affidato. Possa ogni donna cristiana trarre ispirazione da lei!

 

Riguardo ai Santi, ovviamente crediamo che nel corso della storia dell'umanita' ci siano stati uomini e donne che sono stati fedeli alla divina chiamata e che quindi godano l'eternita' alla presenza del Signore. Ma anche in questo campo conviene volgere la nostra attenzione alla Parola di Dio. Nel Nuovo Testamento il termine "santi" non è applicato ad una particolare classe di credenti, superiori agli altri, capaci di cose straordinarie, ma e' applicato a tutti i credenti come si puo' rilevare da tanti passi, come ad esempio 1 Cor. 1:2; Fil. 1:1; Col. 1:1; Eb. 6:10; 13:24; Giuda v. 3 e altri ancora. si e' resi santi dalla grazia misericordiosa di Dio e non dai propri meriti. Ovviamente non basta definirsi "cristiano" per essere santo: Dio conosce i cuori e vede se la nostra fede e' solo nominale o se corrisponde ai requisiti che Lui ha stabilito. Non crediamo che alcun uomo o organismo ecclesiastico possa arrogarsi il diritto di dichiarare "beato" o "santo" qualcuno: solo a Dio compete questo potere.

 

Oltre a quanto detto sopra, gli evangelici rigettano con fermezza la pratica di rendere culto a Maria e ai Santi, di venerarli, di elevare preghiere ad essi. Sono pratiche del tutto assenti dal Nuovo Testamento ed anzi in contrasto con quanto esso dice, sconosciute alla Chiesa cristiana dei primi secoli e che si cominciarono a diffondere a partire dal IV secolo d.C. E' espressamente ricordato da Gesù il comandamento di Dio: "Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi il culto" (Matt. 4:10).

 

La Bibbia ricorda alcuni episodi dai quali e' chiaro che gli Apostoli e perfino gli Angeli rifiutarono ogni atto di culto loro rivolto e sempre indirizzarono la fede ed il culto delle persone che li circondavano verso Dio. Basti leggere:

  • Atti 3:12,13 - "Perche' fissate gli occhi su di noi, come se per la nostra propria potenza o pieta' avessimo fatto camminare quest'uomo?...Per la fede nel Suo Nome, (Gesu') il Suo Nome ha fortificato quest'uomo ed e' la fede che si ha per mezzo di Lui, che gli ha dato questa perfetta guarigione".
  • Atti 10:25,26 - "Mentre Pietro entrava, Cornelio, andandogli incontro, si inginocchio' davanti a lui. Ma Pietro lo rialzo' dicendo: Alzati, anch'io son uomo!"
  • Atti 14:11-18 - "Il sacerdote di Giove ... voleva offrire un sacrificio con la folla. Ma gli apostoli Paolo e Barnaba, udito cio', si strapparono le vesti, e balzarono in mezzo alla folla, gridando: Uomini, perche' fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani come voi".
  • Apoc. 19:10 - "Io (Giovanni) mi prostrai ai suoi piedi (dell'angelo) per adorarlo. Ma egli mi disse: Guardati dal farlo. Io sono un servo come te e come i tuoi fratelli che custodiscono la testimonianza di Gesu': Adora Dio!".

Neppure trova fondamento biblico la pratica di rivolgere preghiere a Maria o ai Santi, richiedendo la loro intercessione a Dio, per ricevere la salvezza dell'anima o qualche "grazia". Leggiamo ancora la Parola di Dio:

  • Atti 4:12 - "In nessun altro e' la salvezza; perche' non vi e' sotto il cielo nessun altro nome (si riferisce a Gesu') che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati".
  • Giov. 16:23 - Gesu' dice: "In verita', in verita' vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel Mio Nome, Egli ve la dara'".
  • 1 Tim. 2:5,6 - "Infatti c'e' un solo Dio e anche un solo Mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Gesu' uomo, che ha dato Se stesso come prezzo di riscatto per tutti".

Ancora una volta ribadiamo che il non pregare Maria e i santi non significa non credere nella loro esistenza o nel loro esempio di fede, ma semplicemente mettere in pratica gli insegnamenti biblici.

 

 

 4. IL CULTO DELLE IMMAGINI

 

Nel secondo libro della Bibbia, l'Esodo, al cap. 20, troviamo scritto il Decalogo, i Dieci Comandamenti dati da Dio a Mosè. Il secondo di questi comandamenti così comanda: "Non farti scultura, nè immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perchè Io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso" (Es. 20:4,5). Sulla base di questo preciso ordine di Dio gli evangelici rifiutano ogni forma di iconografia, cioè l'uso di immagini e statue cui tributare culto di qualsiasi tipo. La venerazione delle immagini e delle statue è peccato, è idolatria. In questo secondo comandamento è vietato ogni genere ri rappresentazione, non solo quella degli astri, o degli animali, o di altre cose che nell'antichità diventavano oggetto di culto idolatrico, ma anche quella di Dio, che è Spirito, e non può dunque essere rappresentato, e delle creature, cui non può essere tributato alcun culto (Matt. 4:10).

 

La Chiesa Cattolica, che ha sempre incoraggiato o, nel migliore dei casi, tollerato, il culto delle immagini, sa bene che questa pratica è in contrasto con il comandamento di Dio, tanto è vero che, nella presentazione del Decalogo, il secondo comandamento è stato soppresso e, per lasciare inalterato il numero dei Comandamenti, l'ultimo è stato "sdoppiato". Il testo originale del decimo comandamento è infatti: "Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie del tuo prossimo, nè il suo servo, nè la sua serva, nè il suo bue, nè il suo asino, nè cosa alcuna del tuo prossimo" (Es. 20:17), come ognuno può verificare anche consultando una Bibbia di edizione cattolica. La lista dei Dieci Comandamenti invece presenta un nono comandamento che dice: "Non desiderare la donna d'altri" e un decimo che dice: "Non desiderare la roba d'altri", in evidente difformità con il testo biblico.

 

A volte si dice agli evangelici: "Ma voi avete una fotografia di vostro padre o di vostra madre che non sono più. Dunque, che male c'è ad avere una immagine del Signore?". Rispondiamo: "Dio è Spirito; e quelli che l'adorano bisogna che l'adorino in spirito e verità" (Giov. 4:24). Se Dio è spirito, come già detto, non può essere raffigurato in alcuna maniera, nè abbiamo alcuna immagine di Gesù uomo: è l'immaginazione del pittore o dello scultore che produce questa o quella effigie. Dunque le immagini non possono avere neppure valore storico raffigurativo. E il verso citato sopra ci insegna chiaramente che il culto da rendere a Dio deve essere di natura spirituale ed esclude dunque la possibilità di tributare atti di culto anche ad oggetti come la croce o il rosario o ad edifici come chiese, cappelle, edicole votive, ecc. Lo stesso dicasi per le immagini di Maria o dei Santi, circa il culto dei quali rimandiamo al tema 3 di questa sezione.

 

La Chiesa Cattolica sostiene che le immagini servono solo ad "aiutare" la comunione con Dio e che in ogni caso il culto va solo a Dio e non alla "materia", ma l'esperienza dimostra che è molto facile per l'uomo scivolare nell'idolatria del culto delle immagini e che per evitare questo pericolo l'unica cosa da fare è l'osservanza stretta del secondo comandamento.

 

La stoltezza dell'uomo che si rivolge ad una statua muta è mirabilmente espressa nel passo di Isaia 44:9-20, che invitiamo i lettori a leggere integralmente e di cui riportiamo uno stralcio: "...si fa la scelta fra gli alberi della foresta, si piantano dei pini che la pioggia fa crescere. Poi tutto questo serve all'uomo per fare fuoco, ed egli ne prende per riscaldarsi, ne accende anche il forno per cuocere il pane; e ne fa pure un dio e lo adora, ne scolpisce un'immagine, davanti alla quale si inginocchia. Ne brucia la metà col fuoco, con l'altra metà prepara la carne, la fa arrostire e si sazia. Poi si scalda e dice: - Ah, mi riscaldo, godo a veder questa fiamma! - Con l'avanzo si fa un dio, lo adora, lo prega e gli dice: - Salvami, perchè tu sei il mio dio! - Non sanno nulla, non capiscono nulla; hanno impiastrato loro gli occhi perchè non vedano, e il cuore perchè non comprendano. Nessuno rientra in se stesso e ha conoscimento e intelletto per dire: - Ne ho bruciato la metà nel fuoco, sui suoi carboni ho fatto cuocere il pane, vi ho arrostito la carne che ho mangiato; con il resto farei un idolo abominevole? Mi inginocchierei davanti ad un pezzo di legno?-

 

Riguardo poi alle presunte manifestazioni miracolose legate ad immagini o statue che "piangono", "sanguinano", ecc. il nostro scetticismo è assoluto: molte volte si è chiaramente dimostrato che tali fenomeni non sono reali, perchè sono il frutto di psicosi collettive o di azioni fraudolente di persone in mala fede. Se poi qualcuno di questi fenomeni non dovesse essere di natura spiegabile in termini scientifici o razionali, non si potrebbe comunque attribuire a Dio, perchè Dio non può contraddire la Sua Parola, non può incoraggiare con segni miracolosi quel culto delle immagini che Egli stesso con tanta chiarezza e precisione proibisce.

 

 

 

5. IL SACRIFICIO DELLA MESSA

 

Che differenza c'è tra il "Culto" evangelico e la "Messa" cattolica? E' solo una questione di termini diversi o ci sono differenze sostanziali? L'uno e l'altra sono il momento più importante dell'espressione comunitaria della fede dei credenti. Nell'uno e nell'altra si trovano elementi comuni come la preghiera, il canto, la lettura della Bibbia, la predicazione della Parola e questo potrebbe far pensare che in fondo si tratti della stessa cosa.

 

In realtà le differenze sono molte e profonde e questo anche in quei campi che sembrano presentare analogie. Per esempio, nella preghiera ci sono invocazioni a Maria, ai Santi, agli Angeli, cosa che gli evangelici non condividono. Così pure le preghiere innalzate "in suffragio" delle anime dei defunti, pratica non condivisa, perchè in contrasto con l'insegnamento delle Scritture. Il fatto che nella Messa la lettura dei testi biblici e la conseguente meditazione seguano schemi liturgici e calendarizzazioni rigide, limita fortemente la libertà dello Spirito Santo nella Sua opera di guida, di ammaestramento, di consolazione all'interno della Chiesa. Quanto è lontana la celebrazione "statica" della Messa dalla visione "dinamica" del culto neotestamentario, così come è presentato nel libro degli Atti e nelle Epistole! E potremmo continuare.

 

Ma oltre a tutto ciò, c'è una differenza ancora più sostanziale che rende il culto cattolico della Messa diverso da quello evangelico. Infatti, secondo la dottrina cattolico-romana, la Messa è un sacrificio propiziatorio che rinnova il sacrificio di Cristo. Questo è in contrasto con il chiaro insegnamento della Bibbia: "(Gesù) ...non ha ogni giorno bisogno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire dei sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo; poichè Egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto se stesso" (Eb. 7:27). Ed ancora: "Cristo non è entrato in un luogo santissimo fatto da mano d'uomo, figura del vero; ma nel cielo stesso, per comparire ora alla presenza di Dio per noi; non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote...; ma ora, una volta sola, ...è stato manifestato per annullare il peccato con il Suo sacrificio" (Eb. 9:24-26). Il sacrificio di Cristo è stato unico: Gesù si è offerto una volta e per sempre quando è morto sulla croce, al Golgota.

 

Strettamente legata al significato della Messa è la dottrina della transustanziazione, secondo la quale nel momento della consacrazione dell'ostia, la sostanza del pane e del vino viene cambiata nel corpo e nel sangue di Cristo. Tale tradizione cominciò ad introdursi nella Chiesa intorno al 380 d.C. e divenne dogma di fede nel 1215. Come è noto, questa dottrina trae origine dalle parole di Gesù: "Questo è il mio corpo... questo è il mio sangue..." pronunciate in occasione della celebrazione dell'Ultima Pasqua e dell'istituzione della Santa Cena. Quando Gesù pronunciò queste parole, era presente in carne ed ossa e dunque è chiaro che bisogna intenderle in un senso figurato, simbolico, nello stesso modo in cui intendiamo altre parole di Gesù: "Io sono la via... Io sono la porta... Io sono la luce..." e così via. Gesù aveva già parlato del valore simbolico del Suo corpo e del Suo sangue (Giov. cap.6), senza fare riferimento al pane e al vino dell'Ultima Cena.

 

Quanto detto non vuole sminuire il profondo significato spirituale della S. Cena, che parla di comunione con il Signore e di comunione fraterna (1 Cor. 10:16,17). Tuttavia crediamo che pane e vino non mutano di sostanza, ma restano simboli sacri del sacrificio di Cristo fatto una volta per sempre: se pane e vino divenissero corpo e sangue di Gesù, davvero si ripeterebbe il sacrificio di Gesù e questo non si accorda con i passi biblici prima citati.

 

 

 

6. IL PURGATORIO

 

Parlando della condizione delle anime dopo la morte, la Bibbia non fa mai alcun accenno ad un "luogo" intermedio chiamato Purgatorio. Sono indicate solo due possibilita': vita eterna o pene eterne. L'aggettivo eterno non lascia adito a dubbi di sorta: si tratta di una condizione definitiva e non transitoria.

 

Esistono nella Bibbia varie espressioni equivalenti per indicare la vita eterna (Paradiso, Cielo, Gloria eterna, Nuova Gerusalemme, ecc.) e le pene eterne (Stagno di fuoco, Geenna, Tenebre, ecc.), ma nelle Scare Scritture non c'e' alcun riferimento ad una eventuale "terza via". I brani in cui piu' specificamente si parla del giudizio finale e del destino eterno delle anime sono:

 

Matteo 25:31-46 "Tutte le genti saranno riunite davanti a Lui ed Egli separera' gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e mettera' le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra...Questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna".

 

Apocalisse 20:11-15 "Poi vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva sopra... E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. I libri furono aperti, e fu aperto anche un altro libro che e' il libro della vita... E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco".

 

In entrambi questi passi si parla solo dell'alternativa tra la gloria eterna e la perdizione eterna e cosi' in ogni altro brano che tratta questo soggetto. Nella Parola di Dio non si parla di Purgatorio e cio' che non e' attestato dalla Bibbia e' privo di fondamento.

 

L'unico "purgamento" per i nostri peccati e' il sangue del Signore nostro Gesu' Cristo ed e' un purgamento che dobbiamo realizzare su questa terra, confessando a Lui le nostre colpe e credendo nel perdono che Egli ha acquistato per noi con la Sua morte sulla croce: "Se confessiamo i nostri peccati, Egli e' fedele e giusto, per rimetterci i peccati e purgarci d'ogni iniquita'...Egli (Gesu') e' il purgamento dei peccati nostri" (1 Giovanni 1:9; 2:2 - Vers. Diodati). Chi crede in Lui ha vita eterna ed accesso immediato al Regno dei Cieli. Il ladrone pentito che fu crocifisso con Gesu' era carico di peccati ed avrebbe dovuto scontare le sue colpe in Purgatorio per molto tempo ed invece si senti' dire dal Signore: "Io ti dico in verita' che oggi tu sarai con me in Paradiso" (Luca 23:43). Oggi stesso! Quale parola puo' essere piu' autorevole di quella del Signore?

 

La dottrina del Purgatorio, oltre che biblicamente priva di fondamento, e' fuorviante e dannosa per la fede dei credenti per almeno due ragioni:

  1. Implicitamente incoraggia un certo lassismo morale, con la convinzione che ci sara' poi la possibilita' di purificarsi e scontare le proprie colpe.
  2. Alimenta un deprecabile "mercato" di messe in suffragio delle anime. Non dimentichiamo che proprio la vendita delle indulgenze fu la causa scatenante della Riforma Protestante del XVI secolo. se le anime potessero trare beneficio da preghiere ed atti di culto, questo significherebbe che i ricchi avrebbero anche nell'al di la' delle possibilita' in piu' e delle "corsie preferenziali" per giungere alla meta della vita eterna. Ma tutto cio' e' assolutamente estraneo al pensiero di Dio rivelato nelle Sacre Scritture.

Il sacrificio di Cristo e' assolutamente sufficiente per la salvezza delle anime e nient'altro puo' o deve essere aggiunto a quel che Lui ha compiuto.

 

 

 

7. IL PRIMATO DI PIETRO

 

Uno dei passi più controversi della Scrittura è il seguente: "Io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell'Ades non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del Regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli" (Matt. 16:18,19). Da questo passo la Chiesa cattolica deduce che la Chiesa è fondata su Pietro e che la dichiarazione di Gesù a Pietro giustifica l'istituzione del papato.

 

Una tra le regole fondamentali per una corretta esegesi biblica, cioè per una corretta interpretazione del messaggio biblico, è quella di confrontare tra loro passi che trattano lo stesso argomento, per potere cogliere il significato più completo dell'insegnamento biblico, e ciò è tanto più necessario quanto più il passo in questione è problematico. Leggiamo dunque alcuni altri brani delle Sacre Scritture sul soggetto:

  • "Nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù" (1 Cor. 3:11).
  • "Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l'edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essre un tempio santo nel Signore" (Ef. 2:20,21).
  • "Accostandovi a Lui, pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale,... la pietra che gli edificatori hanno rigettata (Gesù) è diventata la pietra angolare" (1 Piet. 2:4-6).

Da questi passi si deduce senza ombra di dubbio che il fondamento della Chiesa e dunque la pietra angolare è Gesù: la Chiesa è fondata su Gesù Cristo e non sull'apostolo Pietro. Pietro, come gli altri Apostoli ed i profeti, fanno parte del fondamento della Chiesa in virtù della loro collocazione storica: non c'è dubbio che gli Apostoli costituirono il primo nucleo della Chiesa cristiana e in questo senso essi sono alla base dell'edificio che rappresenta la Chiesa stessa. Il privilegio di essere alla base di questo edificio, comunque, non appartiene solo a Pietro, ma è condiviso da tutti coloro che come lui fecero parte della prima generazione di credenti cristiani. E' significativo che nell'ultimo brano citato, proprio Pietro, l'autore dell'Epistola, ricordi che Cristo è la pietra, non se stesso, e che tutti i credenti sono pietre viventi nell'edificio spirituale della Chiesa. Dunque nessun privilegio o ruolo particolare per Pietro.

 

La testimonianza biblica conferma che Pietro non ebbe un ruolo di supremazia all'interno della Chiesa cristiana del I° secolo. Egli stesso, in 1 Piet. 5:1, si rivolge ai conduttori della Chiesa con queste parole: "Esorto dunque gli anziani che sono tra di voi, io che sono anziano con loro...". Con loro, non sopra di loro. Nessun primato, dunque, nessuna supremazia. Leggendo gli Atti degli Apostoli, che ci danno il resoconto dei primi sviluppi della Chiesa cristiana, vediamo che Pietro svolse una potente azione evangelistica, ma non ebbe posizioni di primato, tanto che dovette giustificarsi davanti agli altri Apostoli e ai cristiani di origine giudaica per aver fatto battezzare il centurione Cornelio che era di origine pagana (Atti 11:1-18). La comunità di Gerusalemme era guidata non da Pietro, ma da Giacomo, che fu anche Moderatore della Conferenza di Gerusalemme (Atti 12:17; 15:13,14). In una occasione fu aspramente ripreso da Paolo (che neppure era uno degli Apostoli) per il suo comportamento ritenuto ambiguo (Gal. 2:11-14). Tutto ciò dimostra che Pietro non si trovava in una condizione di supremazia rispetto agli altri Apostoli.

 

Non ci sono notizie storiche attendibili circa una sua presenza a Roma, ma quand'anche questo fatto venisse accertato, ciò non sarebbe di per sè dimostrazione che egli sia stato il primo vescovo di Roma, o il primo Papa. L'evoluzione dell'organizzazione della Chiesa fu talmente lunga che non fu certo durante la vita di questo Apostolo che si stabilì l'istituto del papato come lo conosciamo noi.

 

Per quanto riguarda la seconda parte del versetto citato all'inizio ("Io ti darò le chiavi del Regno dei cieli..."), rimandiamo al tema n. 9 di questa sezione. In questa sede basti notare che queste parole non furono rivolte solo a Pietro, ma in una seconda occasione, anche agli altri Apostoli e ai discepoli in genere, come ricordato in Matt. 18:18: "Io vi dico in verità che tutte le cose che avrete legate sulla terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che avrete sciolte sulla terra, saranno sciolte nel cielo". Anche da questo brano si deduce quindi che non ci fu alcun privilegio per Pietro, nè alcuna investitura particolare per lui da parte di Gesù.

 

Se Pietro davvero avesse dovuto svolgere un ruolo da "leader" tra gli Apostoli non ci sarebbe stata occasione migliore per Gesù di dichiararlo apertamente quando gli fu posta, proprio dagli Apostoli, la domanda su chi di loro fosse il maggiore (Luc. 22:24). Nessun riferimento a Pietro o a qualcun altro nella risposta di Gesù, ma solo la promessa che a tutti loro sarebbe stato dato il regno da parte del Padre.

 

 

 

8. IL SACERDOZIO UNIVERSALE DEI CREDENTI

 

La Chiesa Cattolica fa distinzione tra il clero e i laici: da una parte coloro che hanno ricevuto una chiamata particolare e che, mediante il sacramento dell'ordine entarno a far parte della "Chiesa docente"; dall'altra i semplici fedeli, la "Chiesa discente", che impara. Nella Bibbia questa distinzione non esiste.

 

Già nell'Antico Testamento, quando fu istituito il sacerdozio levitico, Dio, parlando al Suo popolo dice: "... mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa" (Es. 19:6), intendendo sottolineare la "vocazione" spirituale di tutto il Suo popolo. Questo concetto viene ripreso nel Nuovo Testamento in 1 Piet. 2:9: "Voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perchè proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa" e in Apoc. 1:5,6: "A Lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre Suo, a lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen". Questi versetti costituiscono la base biblica per quella che in ambito evangelico viene definita la dottrina del sacerdozio universale dei credenti.

 

Secondo il ministerio sacerdotale istituito da Dio nell'Antico Testamento, i sacerdoti erano abilitati ad offrire i sacrifici a Dio, erano chiamati a svolgere un'attività di intercessione a favore del popolo, erano depositari e maestri della Legge. Alla luce del Nuovo Testamento, queste sono prerogative di tutti i credenti. Infatti in Gesù è stato abolito il sacerdozio levitico, come è ampiamente spiegato nell'Epistola agli Ebrei, giacchè tutte le disposizioni della Legge erano solo "figura" profetica della realtà spirituale che in Cristo si è realizzata (Eb. 10:1,9).

  • Oggi tutti i credenti sono chiamati ad offrire sacrifici a Dio: "Per mezzo di Gesù, dunque, offriamo continuamente a Dio un sacrificio di lode: cioè il frutto di labbra che confessano il Suo nome" (Eb. 13:15).
  • Oggi tutti i credenti sono chiamati a svolgere attività di intercessione: "... pregate gli uni per gli altri affinchè siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia" (Giac. 5:16).
  • Oggi tutti i credenti sono chiamati a prendere parte attiva al culto, con un contributo personale autonomo, secondo il dono ricevuto da Dio: "Infatti tutti potete profetare a uno a uno, perchè tutti imparino e tutti siano incoraggiati" (1 Cor. 14:31).
  • Oggi tutti i credenti sono chiamati ad essere fonte di ammaestramento ed esortazione reciproca: "... esortatevi a vicenda ogni giorno..." (Eb. 3:13).
  • Oggi tutti i credenti sono chiamati ad essere testimoni della verità, evangelisti e predicatori della fede in Cristo che salva, senza bisogno di conseguire un diploma di teologia: "Voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perchè proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa" (1 Piet. 2:9).

E' vero che alcuni credenti hanno ricevuto da Dio un ministerio particolare: "E' Lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori" (Ef. 4:11), ma questo non fa di loro una categoria a parte.

 

Vale la pena spendere qualche parola sul celibato dei preti. Anche di questa regola non c'è alcuna traccia nella Bibbia. E' noto che Pietro era sposato e fu chiamato da Gesù in questa sua condizione (Matt. 8:14) ed anche altri apostoli erano sposati (1 Cor. 9:5). Paolo incoraggia il celibato per potere essere dedicati all'opera del Signore a pieno tempo, ma raccomanda pure di sposarsi per evitare di soccombere alle passioni della carne (1 Cor. 7:9). Tra i requisiti richiesti per essere conduttore di chiesa non è previsto il celibato, anzi si mette l'accento sul fatto che il pastore sia in una condizione matrimoniale conforme all'insegnamento biblico e sia un buon padre di famiglia (1 Tim. 3:2,4,5). Viene condannato il falso insegnamento che vieta il matrimonio per presunte ragioni di carattere religioso (1 Tim. 4:3).

 

Quanti mali ha prodotto l'imposizione del celibato ai preti è cosa nota a tutti: immoralità, pedofilia, uso distorto della confessione (che in ogni caso rifiutiamo), rinuncia al sacerdozio per i più onesti. Sono i risultati dell'avere imposto dei pesi che la Parola di Dio non prevede e quando si va fuori dell'insegnamento biblico i risultati non possono che essere negativi.

 

 

 

9. LA CONFESSIONE AURICOLARE

 

Della confessione auricolare, cioè della confessione privata resa in segreto ad un ministro di culto per richiedere la'ssoluzione dei peccati, nella Bibbia non c'è traccia.

 

Non c'è persona che non pecchi davanti a Dio e dunque la confessione dei peccati è essenziale per ristabilire la relazione di comunione con Dio che il peccato interrompe. L'insegnamento della Scrittura riguardo a questo soggetto è chiaro perchè viene sottolineata con forza l'importanza della confessione: "Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia" (Prov. 28:13); "Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità" (1 Giov. 1:9).

 

Per la Bibbia è implicito che la confessione debba essere resa a Dio. Gesù ci ha insegnato a dire nel Padre nostro: "Perdonaci i nostri peccati, perchè anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore" (Luc. 11:4). Leggiamo pure della confessione di Davide: "Davanti a Te ho ammesso il mio peccato" (Sal. 32:5), di Daniele: "Feci la mia preghiera e la mia confessione al Signore, al mio Dio" (Dan. 9:4) e di altri ancora: si tratta sempre di confessioni fatte a Dio.

 

Qunado i Farisei criticarono Gesù perchè disse al paralitico di Capernaum: "Figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati" si chiesero l'un l'altro: "Chi può perdonare i peccati se non uno solo, cioè Dio?" (Mar. 2:5,7). Gesù non negò la verità di questa affermazione, avevano ragione quindi i Farisei nel credere che solo Dio può rimettere i peccati, ma rivendicò per Sè il diritto di poter rimettere i peccati in virtù della Sua divinità.

 

La Scrittura presenta dei casi di confessione collettiva o pubblica:

  • "...accorrevano a lui, ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati" (Matt. 3:6).
  • "Molti di quelli che avevano creduto venivano a confessare e a dichiarare le cose che avevano fatte" (Atti 19:18).

E' evidente che queste confessioni non erano rese allo scopo di ricevere un'assoluzione, quanto piuttosto come testimonianza del proprio ravvedimento e dell'opera della grazia.

 

L'esortazione "Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri" (Giac. 5:16) mette tutti i credenti sullo stesso piano e non c'è dunque una parte della Chiesa (il clero) abilitata a ricevere le confessioni degli altri. In ogni caso, poi, questa esortazione intende spronare i credenti ad ammettere umilmente i propri errori, e a chiedere perdono ai fratelli per le colpe arrecate. L'importanza di questa confessione tra fratelli e della concessione del perdono reciproco è sottolineata dal passo di Matt. 18:18: "Io vi dico in verità che tutte le cose che legherete sulla terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che scioglierete sulla terra, saranno sciolte nel cielo". Il Signore ci chiede di esercitare la misericordia ed il perdono su questa terra, se non vogliamo che i rancori e la mancanza di armonia che caratterizzano tante volte i nostri rapporti con i fratelli sulla terra ci ritrovino nel cielo a nostra condanna. Quindi anche in questo caso non c'è alcun riferimento alla confessione auricolare, nè ad una presunta "delega" fatta dal Signore ai ministri di culto circa la concessione dell'assoluzione che solo Lui può dare.

 

Per completezza di trattazione vale la pena sottolineare che il passo di Matt. 18:18 appena citato, unitamente a Matt. 16:19 e Giov. 20:22,23, evidenziano, fra l'altro, anche l'autorità concessa agli apostoli e, più in generale, ai credenti, di poter pronunciare un "verdetto" di condanna o di assoluzione in casi eccezionali. Ne troviamo esempi nella condanna espressa da Pietro nei confronti di Anania e Saffira o di Simon Mago, o in quella decretata da Paolo, in sintonia con l'assemblea di Corinto per il credente della stessa comunità macchiatosi di grave immoralità. L'autorità apostolica può anche esplicitarsi in queste forme, ma anche in questi casi siamo ben lontani dalla pratica della confessione auriolare e della conseguente assoluzione e/o prescrizione di penitenza. D'altronde questa pratica fu ammesa ufficialmente nella Chiesa Cattolica solo nel 1225 e questo dimostra quanto fosse lontana la prassi insegnata dalla Bibbia da quella diventata poi di uso comune.

 

 

 

 

Copyright © 2009 - 2024. Tutti i diritti sono riservati. Non è consentita la riproduzione parziale o totale dei contenuti e della grafica presenti nel sito su mezzi cartacei o elettronici senza la previa autorizzazione dei responsabili.


Grafica basata su template by Joomla.it. Powered by Joomla!. Valido XHTML e CSS.