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CON I PROFUGHI AFGHANI E PAKISTANI

 
Un sabato mattina di qualche settimana fa, insieme ad alcuni fratelli, ho avuto modo di visitare due gruppi di profughi afghani e pakistani che si sono accampati nei pressi di Caltanissetta. Il primo gruppo che abbiamo visitato è costituito da una ventina circa di afghani che vive letteralmente “sotto i ponti” della superstrada limitrofa, in rifugi costruiti con materiali di recupero quali legno, plastica e tende di stoffa, ricoperti da fogli di cellophane utilizzati come guaina protettiva dalla pioggia e ancorate all’asfalto mediante funi legate a pesanti pietre; tre di loro hanno la possibilità di dormire in semplici tende canadesi. La situazione è molto critica in quanto lo spiazzo in cui sono stanziati non è dotato di servizi igienici, l’acqua viene recuperata da una fontanella vicina tramite recipienti trasportati mediante carrelli da supermercato e chiaramente non c’è corrente elettrica. Per cucinare hanno allestito un angolo in cui bruciano della legna, raccolta nei pressi dell’accampamento, e con la quale cuociono le loro semplici pietanze (fondamentalmente “focacce” ottenute dall’impasto di farina, acqua e poco più), fanno bollire l’acqua per il the, o che semplicemente utilizzano per farne un falò utile a riscaldarsi. Qualcuno di loro è arrivato al campo da poco e al posto delle scarpe ha delle ciabatte di plastica che noi definiremmo “da mare” (pensate al disagio nel vivere all’aperto d’inverno in queste condizioni); sono state date loro calze e scarpe, immaginate la gioia!
 
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Profughi CL Foto 5 Poco lontano da questo gruppo è accampato, nei pressi dello stadio di Caltanissetta, un altro gruppo più sostanzioso composto da circa una settantina di profughi provenienti dal Pakistan. Qua la situazione è un pò migliore, in quanto queste persone hanno occupato un vecchio edificio abbandonato; almeno hanno un tetto sulla testa, ma di certo non abitano in un grand hotel! Anche qui mancano corrente elettrica, acqua corrente, gas, servizi igienici e tutti quei requisiti minimi che dovrebbero essere presenti in luoghi in cui abitano degli esseri umani; si dorme sopra materassi sudici recuperati di certo dai rifiuti e poggiati direttamente a terra. Mi sono chiesto dentro di me, se queste persone accettano di vivere qui in Italia in queste condizioni disumane, chissà cosa devono avere passato nelle loro terre di origine martoriate da guerre, miseria, delinquenza e tanta sofferenza… Il Signore ci ha dato grazia di potere distribuire degli aiuti acquistati anche tramite le generose offerte dei membri della nostra comunità quali: farina, olio, riso, latte, ortaggi, the, carta igienica, detergenti per il corpo, sacchi a pelo, piatti e bicchieri di plastica, dentifrici, spazzolini da denti, capi di abbigliamento, calze, scarpe, etc… Mi ha colpito, durante la distribuzione di questi generi, la grande dignità di queste persone, che non prendevano indistintamente tutto quello che veniva messo loro davanti, ma solo quello di cui avevano realmente necessità, dando l’opportunità di ricevere qualcosa ad altri ancora più bisognosi di loro. Dovremmo prendere tutti quanti esempio.
 
Profughi CL Foto 7

Ma non è finita qui. Il momento più bello è stato quando, tramite un giovane interprete, abbiamo potuto parlare loro del Signore. E’ stato loro detto che quel poco che possiamo fare per loro è dovuto solo e soltanto all’amore che Dio ha avuto nei nostri riguardi dandoci il Suo unico figlio a morire sulla croce per la nostra salvezza, e che in virtù di tale amore tutti noi che ci definiamo credenti cristiani dovremmo sforzarci ed adoperarci in tutti i modi per mostrare una piccola parte di quell’amore nei confronti del prossimo, chiunque esso sia. Abbiamo sperimentato le parole di Gesù riportate nel Vangelo di Matteo al cap. 25 che dicono: “[…]Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; […] In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me.” Prima di congedarci abbiamo distribuito della letteratura cristiana nella loro lingua e condiviso con loro un toccante e intenso momento di preghiera in cui ho visto alcuni volti commuoversi. Preghiamo affinché questo seme sparso possa portare frutto nel tempo propizio.

 
Siamo ripartiti all'ora di pranzo con la macchina più leggera, perché avevamo distribuito il carico di aiuti con cui eravamo andati, ma con un gravoso peso nel cuore nel vedere tanta miseria e nel renderci conto che il nostro aiuto era soltanto una goccia nel mare. C’è la consapevolezza però che, se ognuno di noi da il proprio contributo spirituale e materiale, queste gocce possono diventare tante fino ad essere un oceano di benedizione perché, ricordiamocelo sempre, Dio ama anche loro!
 
                                                                                                                                                                                                Marco Arata
 

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